LA SPIAGGIA
Nessuno potrà togliermi —credo— l’illusione
di sognare che è esistita questa mattina.
Si è fermato il tempo: sento il tuo ridere,
le tue parole di bambino. Mai sono stato
così in pace con tutto, così certo
della mia gioia. Giochi vicino all’acqua, ti aiuto
a raccoglier conchiglie, a costruire castelli
con la sabbia. Corri da un posto all’altro,
sguazzi, gridi, cadi, corri di nuovo,
quindi ti fermi accanto a me e mi abbracci
e io bacio i tuoi occhi, le tue guance, i tuoi capelli,
la tua infanzia gioiosa. Il mare è
molto azzurro e molto calmo. Lontano,
alcune vele bianche. Il sole lascia
il suo oro violento sulla nostra pelle.
Credo
che è vero questo miracolo, certo
l’immobile fluire della quieta mattina,
l’illusione di sognare il ristagno dolcissimo
in cui accadiamo come creature
contente di esser vive, felici di stare insieme
e di abitare la luce.
Ma sento, d’un tratto,
il rumore terribile e oscuro e velocissimo
del tempo quando passa, e la fermezza
del mio sogno si rompe; va in frantumi
—come un cristallo molto fragile— l’illusione
di essere qui, con te, vicino all’acqua.
Il cielo si fa scuro, il mare si agita.
Sento nel mio sangue la vertigine tremenda
dell’età: in un istante trascorrono molti anni.
E ti vedo crescere, e andartene. Non sei più
il bimbo che giocava col padre sulla spiaggia.
Adesso sei un uomo, e anche tu capisci
che mai ci fu, né c’è, né ci sarà questo giorno,
la bella favola dei miei occhi che ti guardano,
la leggenda impossibile della tua infanzia.
Sei solo, e mi cerchi. Ma io sono morto, forse.
Siamo le ombre di un sogno, nebbia, parole, nulla.
Eloy Sánchez Rosillo
Traduzione di Gloria Bazzocchi